Anne e Daniel Meurois Givaudan

“L’altro volto di Gesù - Memorie di un Esseno, Vol. 1”

Ed. Amrita

 

Pagine  301 - 315

 

 

“-- Il Maestro sta arrivando, disse con gli occhi pieni di lacrime, l’hanno torturato… me ne sono accorto quando l’hanno portato fuori… è orribile! Ho appena incontrato Nicodemo, e sembra che la moglie di Pilato gli abbia assicurato che gli inviati di Tiberio non vogliono un’esecuzione come le altre… parlano di inchiodarlo e di non rompergli gli arti… bisogna fare qualcosa!

Non gli risposi perché lo sguardo di Lamaas mi riempiva ancora gli occhi e mi aveva tolto ogni voglia di ribellione, ma vidi Simone prendere Massalia per un braccio e trattenerlo con fermezza: aveva il volto contratto e non lasciava la presa

-- Stai tranquillo Simone… Lo so come dobbiamo agire… ma è più forte di me!

Massalia non riusciva neanche a riprendere fiato e la sua voce semispenta ci arrivava con difficoltà

--Lo so, il Maestro non ci ha detto addio, non posso pensare che se ne vada così, ma è troppo. L’ho già visto inciampare più volte, è al limite delle forze, gli hanno legato le braccia a un tronco che porta sulle spalle!

--Stai zitto Massalia!

L’ordine era venuto secco e alzammo il capo. Nicodemo ci stava di fronte, con Myriam di Magdala e alcuni altri, tra cui Giovanni; erano scortati da due legionari

-- Sta’ zitto, il dolore genera solo dolore. Non dimenticarti chi è il Maestro, ricordati che Heliopolis è con noi!

Un sordo clamore salì dalla strada, dove apparve un’alta figura bianca titubante, affiancata da due uomini in armi e da una truppa armata di lance, carica di grosse corde e in tunica corta

Riconoscemmo il Maestro e fu come una pugnalata al cuore… Nessuna parola potrebbe descrivere ciò che avvenne dentro di me: mi ero immaginata di essere forte ed ecco che la terra mi tremava sotto i piedi

Il Maestro avanzava lentamente verso di noi, il più possibile eretto, con gli occhi fissi al suolo; le braccia erano solidamente legate ad un enorme pezzo di legno appena sgrossato che portava sulla schiena

Avrei voluto girare il capo ma non c’era più niente in me che riuscissi a controllare… Una forza invincibile prendeva le redini del mio essere, obbligandomi impietosamente a guardare per incidere per sempre nel mio cuore quei due occhi profondi, quel cuore che sanguinava, quella fiamma eternamente bianca che si incamminava verso di noi

L’abito del Maestro era lacero in molti punti e sotto s’intuivano le piaghe, dove il sangue coagulato si incollava al tessuto

Non appena lo vide apparire all’angolo della strada, la folla tacque stupefatta dalla presenza del Gran Rabbi  bianco che aveva così mal compreso, ma che pur così vicino al supplizio ancora riusciva a sprigionare tanta nobiltà. Sembravano tutti pietrificati, mentre cercavano di captare il suo sguardo che non abbandonava il suolo. Quando il Maestro ci passò davanti si tenne più eretto che mai, e sorrise ad un tratto a qualche presenza invisibile: fu allora che mi accorsi che il volto sanguinava e che, impigliati tra i capelli, aveva rami di rovo

I soldati ci spinsero violentemente al ciglio della strada e rimanemmo stupidamente immobili: sentii che Giovanni faceva fatica a contenere il pianto, mentre cercava invano di respirare, di chiamare a sé un po’ di quella vita che sfuggiva… Poi il suo corpo si scosse brutalmente e vidi che si liberava dalla folla, correndo a grandi falcate verso il portico; mentre lo seguivamo con lo sguardo, vedemmo il Maestro di schiena, grondante sangue, e allora chiusi gli occhi, con il cuore piegato in due, traboccante di così tanto dolore che neppure l’eternità avrebbe potuto lenirlo: da duemila anni la mia anima conserva in segreto queste immagini, e da duemila anni queste parole vogliono scaturire dalla penna… Piccola catena di ridicole parole, che non potranno mai far capire…

Simone mi strinse la mano ancora di più, e fummo inghiottiti dalla fiumana di gente che si richiuse alle spalle del Maestro; quello slancio popolare però fu di breve durata, perché la strada venne subito sgomberata da un manipolo di soldati a cavallo che gridavano i loro rauchi ordini tra la gente vociferante

Apparvero due uomini seminudi, povere figure già lacerate dai colpi, madide di sudore, impedite nella marcia da pesanti catene; camminavano malamente, portando con grande sforzo il loro trave sul dorso. Così Roma non avrebbe dato a vedere di interessarsi solo del Maestro che, nel frattempo, era scomparso dietro a un portico

Nicodemo e noi non ne potevamo più di aspettare, e approfittammo del pigia-pigia per confonderci nella folla, passando tra i soldati che cercavano di arginarla. Nicodemo voleva ad ogni costo avvicinarsi il più possibile al luogo dell’esecuzione, che la madre del Maestro ed alcuni altri avevano già avuto il permesso di raggiungere, secondo quanto gli era stato detto da Pilato

-- Bisogna credere, credere, esclamò: i Fratelli di Helios attendono una lettera da Roma, e può ancora arrivare… Sarà fatto tutto il possibile, abbiamo amici a palazzo, non dimenticatelo! Quando varcammo le mura il silenzio si fece stranamente più intenso; i nostri sguardi, spogli ormai di ogni vitalità, erano quelli di burattini che il destino sposta secondo i suoi piani, e mi parve confusamente che fossimo come una moltitudine di cuori, alla porta dei quali aveva bussato la vita e che avevano fatto di tutto per non aprirle. Perché bisognava che l’umanità nutrisse un simile istinto di morte? Era tutta lì la potenza d’Essania, l’ultimo spettacolo a cui ci preparavano da sempre? Com’erano lontani i Fratelli delle Stelle, con la loro nube di fuoco e le loro promesse di missioni…

Lassù in cielo il sole era bianco, e quaggiù, su quel lastricato di pietra, su quei sassi, tra quei magri ciuffi d’erba, morivamo d’asfissia… Non ci bastava più sperare… Volevamo capire!

Barcollando, trascinati dalla fiumana di gente che sembrava in preda ad una muta febbre, seguimmo il sentiero bordato di biancospini fino al luogo del supplizio. Vedemmo le forche stagliarsi contro il cielo pallido, morbose vestigia delle esecuzioni precedenti, e un grosso distaccamento di legionari occupato a contenere o a disperdere i curiosi che s’erano accalcati lì, dicevano, fin dalla proclamazione della sentenza. Spade e lance rutilanti si agitavano freneticamente sopra alle teste, e qualcuno bestemmiò; non ci volle molto per sgombrare il luogo delle esecuzioni, che venne circondato da una siepe di soldati dal volto chiuso e con le armi in pugno. Il Maestro e i due condannati erano già stati liberati del loro fardello, e tre uomini con una barba irsuta e il capo seminascosto sotto una larga fascia stavano finendo di spogliarli: la tradizione voleva così, e quasi sempre i vestiti, o quanto ne restava, venivano ridistribuiti ai paria della valle di Hinnom. Poi un legionario li spinse un po’ più in là, a una buona distanza tra loro, dove erano cosparse al suolo corde e travi di legno appena sbozzate; intanto, un gruppo di uomini armati di picconi finiva di scavare fra i sassi: avevano fatto diversi buchi, e dai loro gesti capii che ora la profondità era sufficiente

L’immagine di quanto stava per accadere mi investì di nuovo, sentii un senso di nausea, volevo scappare…

-- Simone, dissi a fior di labbra, andiamocene, non possiamo restare qui a guardare…

-- Non guardare Myriam, ma resta qui, ti prego: il tuo posto è con noi. Il suo cuore di uomo deve sentirci vicini

La voce di Simone era spenta come la mia, e vidi che anche lui aveva abbassato il capo, cercando disperatamente i sassi con lo sguardo. D’un tratto sobbalzò:

-- Qui non può vederci! Ricordati gli ordini dei Fratelli: “Bisogna che vi sappia presenti fino in fondo”

Cercai di scuotermi e seguii Simone che sgusciava tra la gente verso un luogo dove la calca era meno densa, appena in tempo per vedere l’alta figura del Maestro martoriata dai colpi sdraiata su un pezzo di legno

Avrei voluto respirare, urlare… non so. Avevo il petto e la gola come bloccati, e riuscivo appena a tener dietro a Simone che fendeva quasi violentemente la folla: incrociai tre o quattro sguardi noti, quelli dei Fratelli che parevano grandi uccelli bianchi ed erano tesissimi. D’un tratto la mia attenzione fu attratta da un gruppo di soldati, dietro ai quali stavano delle persone immobili, rigide come statue… Riconobbi la madre del Maestro, un suo fratello, Giovanni, la Sorella di Magdala, e altri ancora dei cento e otto. Poi, nel silenzio greve, sentimmo un colpo secco, breve, seguito da un grido rauco, contenuto a stento. Restai dov’ero, non riuscendo più a seguire Simone che cercava di raggiungere Nicodemo. Tenevo gli occhi a terra mentre i colpi si susseguivano a un ritmo frenetico, sottolineati da lunghi respiri affannosi. Udii dei lamenti, ma mi accorsi ben presto che era dalla folla che venivano. Chiusi gli occhi e sentii una mano sulla spalla: Simone. Allora continuai a tenere gli occhi chiusi, penetrata da quel martellare sempre più lento, sempre più sordo… all’improvviso, un lampo mi attraversò la mente, un misterioso clic, e tentai di ritrovare l’antica tecnica d’Amore dei Maestri di Essania

Bisognava che tutto questo si compisse, lo percepivo con sempre maggiore certezza. Bisognava ritrovare la fiamma vitale e non lasciarsi sommergere dal flusso di morte; dovevo creare intorno a me il Supremo Guscio di Luce Bianca, il Guscio di Pace Cosmica. Era là, la risposta, ed era quanto i Fratelli di Helios s’aspettavano da me e da noi tutti

Con un ultimo sforzo, dovevamo tessere mentalmente il Gigantesco Guscio d’Amore caro agli Esseni, baluardo contro le aggressioni, torrente di Gioia e d’Amore che inonda i cuori! Istintivamente avevo incrociato le mani sul petto, e nel mio silenzio interiore percepii qualcosa come dei richiami, delle grida rauche, degli ordini, degli scricchiolii di corde tese, poi un rumore sordo e un lungo lamento; sbattevo le palpebre, faticavo ad aprire gli occhi. Laggiù, davanti a me, sopra la folla immobile e muta, una figura si stagliava contro il cielo, divaricata, tenuta insieme dalle corde. Era un enorme Tau, e il  Maestro vi era appeso, con il corpo sostenuto da spessi cordami color del piombo

Così l’avevano fatto… Erano andati fino in fondo…

Distolsi di nuovo lo sguardo, e altri due tonfi mi annunciarono che gli altri suppliziati erano stati crocefissi. Uno dei due si mise a urlare, lacerando il sacro silenzio che s’era impadronito della gente, e subito grida e richiami vennero da destra e da sinistra, e l’uomo fu insultato

Alzai nuovamente gli occhi: come ci avevano detto, solo al Maestro avevano trapassato gli arti con cunei massicci: dalle macchie informi e scure alla base del palmo, vicino al polso, e alle estremità dei piedi, uscivano sottili rivoli di sangue che vedevo a malapena, e la massa del corpo poggiava su uno spesso cuneo di legno. Era legato strettamente alle braccia e al bacino

Trattenni il respiro, cercando il suo volto nel mormorio della folla: lo fissai a lungo, a lungo, il più a lungo possibile… finché i miei occhi non ne poterono più di contemplare i suoi che parevano vedere qualcosa a noi invisibile

Poi, lentamente, il Maestro reclinò la testa, scrutando la gente raccolta su quel fazzoletto di terra rocciosa: ci fu qualche vano tentativo di avvicinarsi ancora di più tra quelli che erano in prima fila, ma furono bloccati dalle lance. Allora una debole voce si levò dal capo opposto del terrapieno, e, sebbene non riuscissi a vedere, pensai che si trattasse del dignitario romano che ci era passato davanti; udimmo soltanto frammenti di parole trasportati dalla brezza leggera, e tutti se li passavano di bocca in bocca meglio che potevano: dicevano che il Nazareo Gesù era stato condannato per aver complottato contro la potenza imperiale di Tiberio, e che gli uomini che si trovavano con lui erano criminali, entrati al suo servizio per destabilizzare la Palestina. Ci fu un vivo vociferare, e scorgemmo una macchia rossa che fendeva aggressivamente la folla fino a fronteggiare un uomo dall’aspetto familiare, che avevo notato al seguito di Pilato quando questi passava in città; corse voce che stesse apostrofando lo sconosciuto ufficiale romano che voleva apporre una scritta ai piedi della croce del Maestro, così come consentiva la legge: l’uomo dal mantello rosso, probabilmente un inviato di Roma, dovette spuntarla perché poco dopo udimmo i colpi del martello

Non so che avvenne dopo, né quanto tempo ancora passò, ma mi pareva che una luce d’un bianco giallognolo cominciasse ad avvolgere la montagna e tutta Gerusalemme

Sopra di noi passarono degli uccelli lanciando i loro lunghi richiami, e l’eco delle trombe del Tempio risuonò improvvisamente nella valle. Il Maestro continuava a tacere, senza mai lamentarsi: forse quelli che si aspettavano un dichiarazione furono delusi, perché qualche gruppetto se ne andò riprendendo i sentieri delle arcate e la folla si diradò

Incredibile incoscienza di chi non capiva, e delusa ritirata degli aridi di cuore, matrici di freddezza…

Il tempo passava, e Nicodemo ed altri avevano finito per raggiungerci: pensavano di non essere stati visti dal Maestro là dove s’erano appostati, e avevano gli occhi pieni di lacrime. Ai piedi delle forche ci fu un certo movimento di soldati, alcuni dei quali erano arrivati con delle coppette che porsero con una pertica ai condannati. Vigeva infatti l’usanza di dare ai suppliziati una bevanda analgesica quando i loro corpi cominciavano a torcersi perché il sangue non circolava più: il Maestro prima rifiutò, poi la chiese. Qualcuno dei nostri notò che i suoi arti stavano chiazzandosi di blu. E che il torace si contraeva violentemente. Nicodemo si allontanò in silenzio, e al suo ritorno un paio di soldati si davano da fare per mettere due stampelle sotto le ascelle del Maestro, il che mi parve atroce: si sarebbero evitate le lacerazioni agli arti, ma l’asfissia e l’agonia sarebbero state ancora più lunghe…

“Aspettate fino in fondo!” Ci era stato detto al Bethsaid: quelle parole mi tornavano in mente di continuo

Per pregare meglio, per entrare meglio in contatto con gli Esseri del Mondo Invisibile che sapevamo essere in quel momento intorno a noi, mi allontanai un po’ dalla folla, che d’altronde riguadagnava le mura

Poi d’un tratto un grido, una frase grave e profonda uscirono dalla gola del Maestro, e li raccolsi come un ultimo respiro, un interrogativo e una speranza, un appello della Luce alla Luce… Le parole erano confuse, e mi voltai verso gli altri

--Sta chiamando i Fratelli di Helios, disse uno. Dove sono?...

-- No, no! State zitti!... Il Maestro chiama Kristos che lo abbandona! Aprite la vostra anima!

Era Nicodemo che aveva detto questo, nascondendo il volto fra le mani

Sentii la stretta di Simone su un braccio, ed alzai gli occhi: il Maestro aveva reclinato il capo sul petto ormai immobile

Era tutto finito? Era per questo che avevamo aspettato come burattini dalle mani legate? Mi parve che il mio piccolo Guscio di Pace stesse per esplodere, polverizzandosi come un cristallo sottoposto a una pressione troppo forte

Ma non avvenne nulla, ed ebbi l’impressione che un velo di latte scorresse su tutti noi come un’aurora virginale di primavera

Nicodemo sussultò, mormorò qualche frase incomprensibile e poi gridò, quasi ruggì:

-- Presto, presto, ma che fanno?

Allora un soldato si avvicinò a grandi passi al Maestro, puntò con precisione la punta della lancia al diaframma e penetrò leggermente con un piccolo colpo secco

-- Fermi! Riprese Nicodemo, quell’uomo sa ciò che fa, è dei nostri, e agisce secondo gli ordini dei Fratelli della Terra Rossa. Bisogna assolutamente che il Maestro continui a respirare!

Nel frattempo il cielo si era stranamente oscurato e la luminosità andava divenendo sempre più opaca

Sentimmo tutti come un lieve moto di paura tra la gente che era ancora presente, e vidi i legionari alzare il capo verso il cielo allentando la sorveglianza

Poco dopo un buio spesso prese a salire dal suolo, come un sospiro della terra che tentava di avvicinarsi ai cieli… L’aria divenne pesante e di un grigio profondo

Vedemmo delle forme sfarfallanti, striature bianche e blu, sottili lingue d’oro e d’argento che volteggiavano sopra la valle; sembrava che ogni vita della carne si spegnesse ed istintivamente ci venne voglia di urlare, ma non un grido di dolore, né di morte, un grido di speranza e di vittoria: Tutto stava andando per il meglio!

Ci eravamo addossati ad una grossa roccia, e all’improvviso sentimmo galoppare un cavallo non lontano: il soldato saltò a terra con aria spaventata e si avviò di buon passo alla volta dell’ufficiale romano

-- Gli tende una lettera, annunciò Simone

In quel preciso istante una violenta folata ci sferzò il volto, una folata pesante, carica di tutte le forze profonde della Natura

Allora una striatura eccezionalmente luminosa, color di luna, lacerò l’oscuro mantello che avvolgeva il cielo, e la campagna vibrò sotto la sferza del tuono

Istintivamente ci guardammo tra noi e non potemmo impedirci di sorridere, perché i nostri cuori d’Iniziati Esseni avevano ricevuto il messaggio: era il segno di Kristos alla Madre Terra, la liberava dei suoi dolori in un solo slancio

Iniziò a piovere violentemente, e non ci importava di non avere un posto dove ripararci: erano gocce calde, tonificanti, che ricevemmo come la carezza di un braccio teso tra i mondi. I lampi e i tuoni raddoppiarono di intensità, e molti di quelli che si erano fermati fino ad allora scapparono a gambe levate verso le mura. Restammo in una ventina soltanto, sparsi sul piccolo promontorio roccioso. Anche i soldati si erano fatti da parte per proteggersi dalla violenza della pioggia, e dal loro gruppo emerse l’uomo che un attimo prima era sopraggiunto con la missiva

-- Riprendetevi il Maestro, se fate ancora in tempo, gridò correndo verso quelle figure che grondavano acqua. L’imperatore Tiberio ha espressamente ordinato che sia fatta luce ulteriormente su di lui

Mentre finiva la frase, si avvicinò al Maestro, gli gettò un’occhiata e dichiarò:

-- Mi spiace, è troppo tardi…

Voialtri laggiù, gridò ai soldati, finite quei due mentre sono incoscienti

Due o tre uomini si avviarono rapidi con una lunga pertica dalla punta di ferro verso le croci che si innalzavano distanti da quella  del Maestro, inciampando maldestramente nelle pozzanghere; distogliemmo lo sguardo e tutto avvenne molto in fretta

Un ansito ci fece levare il capo: il gruppetto a cui si era rivolto il messaggero romano era ora a due passi da noi, ed era composto da Giovanni, la madre del Maestro, uno dei suoi fratelli e altri ancora; avevano il volto grigio come la cenere e uno strano fuoco brillava in fondo ai loro occhi

-- Non vogliono abbassare le croci! Esclamò Giovanni. Dicono che vogliono aspettare la fine del temporale. Non è possibile Fratelli!

-- Va tutto bene fin qui, non ti preoccupare…

Quella voce che interferiva, appena impercettibile e senza fiato, la conoscevamo, era quella di Giuseppe (d’Arimatea)

L’oscurità persistente e la pioggia che continuava a rovesciarsi dal cielo ci impedirono di distinguerne il volto, ma notammo subito qualcosa di luminoso, una conoscenza che ci era nota

-- Venite Sorella, disse dolcemente rivolgendosi alla madre del Maestro, va tutto bene, ve lo assicuro…

Tacemmo tutti e Giuseppe cominciò a dare ordini: il primo fu di affrettare ad ogni costo la liberazione del corpo del Maestro

-- Va fatto ora, tagliò corto con tono pressante, anche se doveste pagare i soldati contrariamente alle nostre regole!

Allora Giovanni, che nel frattempo si era allontanato, si precipitò verso di noi, restò muto per un lungo istante e con gli occhi pieni di lacrime disse una frase brevissima, sottovoce:

-- Il Maestro… disse, il sangue gli esce ancora dalle piaghe… è vivo!

 

Gerusalemme era sempre sotto un temporale che sembrava non dovesse finire mai. Illuminava a giorno il cielo e la terra, come una reazione cosmica alle atrocità commesse. Era buio pesto da un pezzo, da quando il Maestro aveva perso conoscenza… il giorno non aveva osato ricomparire e il tempo era trascorso nella confusione delle anime e dei corpi. Stavamo seduti, rincantucciati gli uni contro gli altri, al riparo di una piccola grotta sul fianco della montagna. La notte era fresca e battevamo i denti, ma nei nostri cuori si ripeteva la stessa frase, luminosa come un sole: “E’ vivo!” Eravamo in sette ad aspettare, e c’impedivamo di dormire: Giuseppe ci aveva richiesto formalmente di vegliare tutta la notte, se necessario, per controllare il sentiero che portava in montagna, nel luogo dei sepolcri. Bisognava essere pronti ancora una volta a tutto, perché forse avremmo dovuto intervenire. Non c’era nulla di determinato, ma non importava: ci sentivamo come fiumi d’Amore straripanti d’indomabile energia

Alcuni avevano preso il corpo apparentemente senza vita del Maestro, mentre Giuseppe e Nicodemo ci avevano mandati un po’ più in là, verso quel luogo della valle che tradizionalmente era riservato ai sepolcri

-- Spicciatevi, aveva detto Giuseppe, vedrete che c’è un sepolcro spalancato, scavato di fresco nella roccia secondo le mie indicazioni. Per prudenza ho detto a Pilato che era riservato a un mio parente moribondo; lo troverete: è profondo. Lì verrà deposto il Maestro; andate a verificare se tutto è in ordine: vi ho fatto deporre dei balsami e delle pezze di lino

Eravamo subito corsi nel buio sotto la pioggia battente e avevamo trovato il posto dove già c’era un Fratello in abito bianco, che aveva piantato una fiaccola fra due rocce e attendeva in piedi, con un’aria assolutamente serena

-- State tranquilli, ci disse appena arrivati, è tutto in ordine, sono tre giorni che il necessario è pronto, con l’aiuto del Padre tutto andrà come previsto

Non avevamo parole e d’altronde non avevamo niente da dire, perché sembrava che un piano misterioso fosse stato minuziosamente messo a punto dai Fratelli di Heliopolis e dallo stesso Giuseppe

Il sepolcro era vasto e comprendeva numerose nicchie, nonché una specie di retro, a sua volta in grado di ospitare dei corpi. Notai subito che il taglio dato alle pareti era stato oggetto di una cura inusuale: gli angoli parevano perfetti, le proporzioni armoniose, e c’era una fessura naturale che penetrava profondamente nella volta, scavandola quasi in forma di cono. Un sepolcro in pietra rosa attendeva spalancato davanti a noi, mentre a terra erano stati disposti quattro flaconi di terracotta, una veste di lino, delle lenzuola e delle coperte di lana. Rimanemmo lì un bel pezzo, immersi nei nostri pensieri, mentre le immagini della giornata continuavano a sfilarci davanti agli occhi

Udimmo un rumore di passi, di pietre smosse, e alla luce dei lampi vedemmo una dozzina di uomini che portavano un corpo avvolto in una spessa tela bianca: era il corpo del Maestro, e quando fu deposto sul pavimento sembrava che dormisse, se non fosse stato per i rivoli di sangue annerito e coagulato sulle tempie, per le labbra strette e gli occhi cerchiati di blu che testimoniavano delle sofferenze patite

Riconobbi Giovanni e due Fratelli noti in tutta la Palestina per la loro abilità terapeutica: stapparono subito uno dei flaconi che erano per terra e tutto il sepolcro fu riempito di un odore forte ed indefinibile; Simone ed io seguimmo quelli che erano usciti, per lasciarli lavorare secondo la loro arte

All’entrata del sepolcro c’era Giuseppe, che ci chiese di attendere nei pressi

-- Sopra al sentiero c’è un anfratto nella roccia, appostatevi lì, disse. Può darsi che vediate fra poco un legionario  venire da questa parte. Ho chiesto a Pilato una o due guardie, perché la gente potrebbe commettere chissà quali eccessi

Avevamo già visto passare effettivamente due soldati armati di lancia che si proteggevano a stento dalla pioggia sotto un pesante scudo, bestemmiando e correndo meglio che potevano. Restammo nascosti, scrutando il cielo ad intervalli regolari mentre passava il tempo

D’un tratto, un’enorme palla di fuoco apparve sopra ad un gruppo di alberi, allungandosi, stirandosi immediatamente in forma d’ellisse orizzontale, e il suo immacolato candore si circondò a poco a poco d’una fremente luce verde

Rimase a lungo immobile, contemporaneamente palpitante e quieta, sprigionando un’onda di Pace indefinibile

Qualcosa di lontano, qualcosa che nulla avrebbe potuto sciupare mi ritornò in mente…

-- I Fratelli delle Stelle! Mormorò Simone. Quanto tempo è passato…

L’immensa Luce prese allora a scintillare, scivolando lentamente e senza rumore verso i sepolcri: restammo immobili a vederla svanire dietro a un lembo di montagna

Nella grotta improvvisamente risuonarono grida di gioia, seguite da un rispettoso silenzio: in quella visione di smeraldo e di fuoco c’era stato qualcosa di solenne che aveva cancellato di colpo ogni voglia di fare commenti

Credetti di sapere, pur senza capire del tutto: era una conoscenza che nulla aveva a che fare con l’intelletto, uno slancio del cuore di quelli che fanno sì che l’anima trascendente mormori un suggerimento dentro di noi, e riunisca amorevolmente in sé la moltitudine delle cause e degli effetti. Fu una sensazione sfuggevole, come tutte quelle che lasciano traccia sull’anima. Infine sentii nel soffio del vento una vera melodia, a cui mi abbandonai finché quattro o cinque figure non si stagliarono nel buio, salendo verso di noi e provocando piccoli smottamenti rocciosi. Riconoscemmo Giuseppe ed altri ancora, tra cui i due Fratelli medici

-- Preghiamo, dissero venendo a sedersi di fianco a noi, tutto è stato fatto nel modo dovuto. Il Maestro è coperto d’unguenti, e siamo riusciti a risospingere la pietra davanti all’entrata. Le guardie ci sono, ed ora dobbiamo offrire mentalmente il nostro corpo vitale al Maestro Gesù

Alzai il capo e cercai Giuseppe con gli occhi: per la prima volta, da moltissimo tempo, il Maestro era stato esplicitamente chiamato per nome da uno dei nostri, e per la nostra anima d’Esseni quella era la prova definitiva che qualcosa era cambiato

Il resto della notte trascorse in silenzio, senza più tuoni ma sotto una pioggia battente; poco prima dell’alba, Giuseppe e i due Fratelli ruppero il silenzio

-- Venite, dissero alzandosi contemporaneamente, ora dobbiamo andare dal Maestro, che dovrebbe aver avuto il tempo di rivitalizzare il corpo

Era l’appello che tutti ci aspettavamo segretamente: durante la notte, nessuno aveva osato fare domande a Giuseppe, ma qualcosa di indefinibile ci aveva fatto sperare che avrebbe detto proprio quello

In due balzi fummo sul sentiero che portava ai sepolcri, alle prime luci di un’alba grigiastra: riconoscemmo a stento la tomba del Maestro, perché sembrava esserci stata una frana, e la roccia era crepata in più punti, come colpita dalla folgore. Non c’era traccia delle guardie di Pilato, forse scappate via per il temporale, probabilmente a cercar riparo in un anfratto

Secondo gli ordini di Giuseppe, Simone ed altri quattro fecero forza, per liberare l’entrata, sulla roccia e sul suolo che grondavano acqua, e i loro corpi barcollarono, ma infine il blocco grossolanamente tagliato si smosse, mostrando l’entrata spalancata e assolutamente buia. Giuseppe vi entrò da solo e lo sentimmo mormorare qualcosa d’indecifrabile; poi i due Fratelli che avevano medicato il Maestro si infilarono a loro volta nel sepolcro. Seguì un lungo silenzio, interrotto di quando in quando da rumori metallici. Una debole luce apparve infine nella penombra, crescendo a poco a poco: era la luce d’una fiaccola che veniva passata di mano in mano

-- Massalia! Corri a cercare un cavallo! C’è un Fratello che deve averne uno già pronto non lontano da qui, nella prima casa sulla strada che scende a valle…

La voce di Giuseppe sembrava salire dalla terra, pressante ed esaltata; Massalia era schizzato via, e, dato che non osavamo penetrare nel sepolcro, ci appostammo nei pressi per sorvegliare i dintorni. Bisognava anche cercare le guardie, perché non volevamo essere accusati dalle autorità d’aver rimosso in segreto il corpo del Maestro che era stato dichiarato morto dal centurione; non desideravamo correre l’inutile rischio di venir sospettati d’un qualsiasi intrigo. Tuttavia faceva ancora notte fonda, e non ci allontanammo troppo su quel terreno irregolare; inoltre gli appelli risultarono vani, perché le folate di vento e lo scroscio della pioggia coprivano ogni altro rumore

Tornammo al sepolcro, dove ci attendeva uno spettacolo indimenticabile, una visione che ci fece trasalire nel più profondo del cuore: il Maestro era in piedi davanti al sepolcro, leggermente appoggiato ai due Fratelli. Mosse pochi passi e si voltò verso di noi, abbozzando un lieve sorriso. Ci avvicinammo muti per tuffarci nei suoi occhi, in quegli occhi che tanto spesso avevano parlato ai nostri cuori di tutto l’Amore del Mondo e che riflettevano ancora l’atroce dolore del giorno prima

Un altro sorriso volò nella nostra direzione, appena visibile, rischiarato a stento dalla fiamma vacillante della fiaccola di Giuseppe. Non sapevamo né che dire né che fare: avremmo voluto gettarci ai suoi piedi, ma erano gesti che aveva sempre rifiutato e ci sarebbe comunque sembrato inadeguato per esprimere i nostri sentimenti

Il vento ci portò un vago rumor di zoccoli e di pietre smosse, e l’alba ci rivelò le figure dei due Fratelli di Heliopolis seguiti da Massalia e da un cavallo: ci scambiammo occhiate febbrili e piene di Pace, poche e brevi parole, ma cariche di significato…

Aiutammo il Maestro meglio che potemmo a montare a cavallo con una spessa coperta sulle spalle: tutto avvenne rapidamente, senza gesti inutili, ed egli sparì lentamente alla vista, un po’ curvo sulla sua cavalcatura, affiancato dai due compagni di Helios che procedevano a piedi

 

 

Pagine  193 - 196

 

Vi è stato insegnato che i corpi umani sono come edifici sovrapposti e incastrati gli uni negli altri, e sapete che si sviluppano in funzione dell’età ma anche e soprattutto in funzione del lavorio interiore; sono come sette fiaccole successive che bisogna sviluppare e infine mettere in contatto tra loro, affinché siano come una catena d’oro ininterrotta tra la suprema coscienza e noi stessi, un puro corridoio d’Amore, privo d’ostacoli, che permetta di fondersi alle energie cosiddette “inferiori” e “superiori”. L’Uomo che è permanentemente in contatto con i sette veicoli del suo essere non ha più nulla a che vedere con questo mondo materiale, e ne padroneggia le leggi; viene allora chiamato Adepto. Ma intendiamoci bene, non è tutta qui l’ascesa dell’Essere, a cui restano da conquistare ben altre fiaccole di coscienza per raggiungere la soglia della dimora del Padre. Sono quelle altre fiamme che Gesù fin dalla nascita ebbe per missione di raccogliere, per perfezionare un corpo e un’Anima trascendente che parevano già perfetti, e che forse non avrebbe potuto sviluppare se fosse rimasto a farsi cullare dagli onori che già gli attribuivano

Lo stadio fondamentale della sublimazione fu raggiunto nel centro della Grande Piramide, là dove tutte le grandi energie vengono focalizzate in un sol punto, collegando l’Atomo Seme di ogni essere con lo Spirito di questo creato: così lo Spirito di Kristos penetrò in quello di Gesù. Solo in quel luogo e in quel modo poteva compiersi, ed era stato previsto fin dall’arrivo di Melchisedech su questa Terra, ma bisognava ancora che uno di essi fosse capace di portare fino in fondo il suo compito senza rallentare il passo

Difatti, chiunque venga al mondo stringe un’alleanza con Shatan, e deve subirne un po’ la legge; Shatan non è altro che il grande avversario, altrimenti detto “densità”; qualsiasi essere, nascendo su questa Terra, è tenuto ad indossare una pesante tunica che rallenta il suo cammino, il suo progresso, e quindi, per un Avatar, l’incarnazione sarebbe un’innominabile sofferenza se non potesse avere dalla sua l’immensa energia dell’Amore

Immaginate per un attimo che la vostra ragione, la coscienza, la volontà, l’Anima insomma, improvvisamente vengano rinchiuse nel corpo di un animale: immaginate quante azioni non potreste compiere, quanti pensieri non riuscireste ad esprimere compiutamente… Allo stesso modo, gli umili riconosceranno che tra il Maestro e loro stessi c’è la stessa differenza che tra loro e gli animali. L’Anima del Maestro Gesù non è nata in questo mondo, come avete capito: è venuta da Ishtar molto tempo fa, quando le creature del nostro pianeta persero l’occasione d’una svolta evolutiva; l’Anima del Maestro Gesù tuttavia fa parte della stessa Onda di Vita da cui fummo creati, emanata dal Padre di questo Universo. La verità è che ci sono allievi più o meno veloci, ci sono quelli che preferiscono l’infanzia alla maturità, fino a rifiutarsi di varcare la soglia dell’illusione che hanno tessuto essi stessi. La nostra avventura e il nostro dramma sono tutti qui, Fratelli miei, e il brutto è che certi bambini si arrogano poteri da adulti

Rianimammo il fuoco che stava per spegnersi, e, dato che Manethon taceva, pensammo che avesse finito. Uno di noi allora gli fece una domanda, forse ingenua ma che stava a cuore a tutti:

-- Fratello, adesso dovremo seguire il Maestro Gesù perché dici che è il solo uomo di questa Terra ad aver acceso tutte le lampade della coscienza, persino al di là dei sette livelli?

-- Certo, ma non è il Maestro Gesù che seguirai, perché egli è latente come Giuseppe, né soltanto Kristos ascolterete, bensì anche lo Spirito Solare del Logos del nostro Universo… che stamane, davanti ai vostri occhi nel fiume Giordano, è venuto ad investire il corpo di Gesù Cristo. Avete capito? Avete capito bene il valore di quei momenti in cui ci siamo tutti dissetati alla coppa di Gioia?

Manethon s’interruppe di nuovo, e il silenzio calò su di noi. Ognuno pareva assorto nei suoi pensieri, con gli occhi scintillanti, perduti nelle braci del focolare, o con le palpebre socchiuse, o raggomitolato nel mantello; cosa volevano dire le parole di Manethon? Le Scritture parlavano del Cristo, dell’Unto dei popoli… Ed ora che avevamo pensato di aver capito, d’averlo semplicemente trovato in Giuseppe, che non riuscivamo neppure ancora a chiamare Gesù, ecco che dovevamo concepire il Logos…

-- Kristos è un Essere diverso dal Maestro Gesù, riprese lentamente Manethon, scandendo bene le sillabe per imprimerci per sempre quel concetto fondamentale

-- Kristos è il Maestro più avanzato dell’Onda di Vita emessa dall’Eterno prima della nostra, è il Reggente del nostro Universo, l’Uomo compiuto, talmente luminoso e sublimato che la sua diretta venuta nella densità della materia creerebbe dei cataclismi. Quanto al Logos, gli “atomi” del suo Essere potrebbero polverizzare i nostri con la rapidità della loro danza. “Mihael”, ecco la traduzione terrestre del suo nome cosmico: ricordatela nel profondo del cuore, perché i gioielli non vadano distribuiti a chi non li sa riconoscere: è una delle regole fondamentali della Fratellanza, non dimenticatela mai. Mihael: ecco ciò che potete sapere di quello che ha investito Kristos; sappiate che la sillaba “Mi” del suo nome è la base vibratoria degli esercizi con cui gli Esseni acquisiscono la voce dolce. Ciò che il nostro cuore sente in “Mi” è per sempre la seconda vibrazione della Triplicità del Senza Nome, essendo il riflesso del Soffio Creatore. Ecco una delle forze che ci legano a lui, e che dovremo anche condividere con gli altri

Così è chiaro ormai, soltanto la perfezione dei veicoli del Maestro Gesù poteva permettere che fosse investito dalla continua presenza di Kristos e del Logos. Da stamane, Fratelli miei, tre Grandi Esseri vivono in un sol corpo, ed il terzo irradia sui primi due un’illimitata potenza, una capacità d’Amore che si riverserà su di noi come mille torrenti

 

 

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Il Maestro Gesù continuò ad insegnare in segreto al Krmel fino a tarda età; quando giunse la sua ora, lasciò il corpo di sua propria volontà e i suoi discepoli videro la sua Forma di Luce risplendente e di una densità tale da parere un corpo fisico elevarsi lentamente al di sopra del Krmel

Invece il suo corpo di carne, in perfetto stato di incorruttibilità, restò nel monastero per molti secoli ancora, e poi venne trasportato, con l’aiuto dei Fratelli delle Stelle, più a Est

Così ci disse la Memoria del Tempo