Tratto dal libro:

 

"VI RACCONTO LA MIA MORTE"

Stefan Von Jankovich

Ed. Mediterranee

 

 

La più bella esperienza della mia vita

 

 

 

 

“Racconto delle esperienze vissute

 

E' successo questo

 

Mentre stavo seduto accanto al conducente, in seguito all'urto subito dalla macchina sono stato catapultato fuori dell'abitacolo e sono finito sulla strada privo di sensi con 18 fratture ossee.

La mia esperienza di morte probabilmente è iniziata nel momento in cui il mio cuore ha cessato di battere.

Per la carenza di ossigeno le cellule del cervello hanno cominciato a subire modificazioni e contemporaneamente il mio corpo astrale (corpo energetico, biocorpo, corpo eterico o comunque lo si voglia chiamare) o sostanza sottile portatrice dell'anima (o dei principi superiori), e il mio spirito hanno abbandonato il mio corpo fisico. Durante quei minuti sono stato privo della capacità della percezione e non ne conservo alcun ricordo. La mia coscienza e le funzioni subconsce erano totalmente offuscate.

 

Ero un uomo ancora vivo ma privo di coscienza.

 

All'inizio dello stato di morte clinica, nella prima fase della morte, quando il mio corpo astrale e la Parte più elevata del mio essere si sono separati dal mio corpo fisico gravemente ferito, davanti a me si è alzato un sipario, come a teatro, e ha avuto inizio una rappresentazione in più atti, nella quale ho sperimentato la vita terrena e la successiva esistenza astrale.

 

Questa "rappresentazione" comprendeva atti, tappe o fasi, non so quanti. Io "ho preso parte" alle prime tre fasi, che hanno lasciato in me un'impressione così profonda che da allora sono un altro, una persona completamente diversa.

 

All'inizio dello stato di morte clinica, nel momento della separazione dal corpo, ho avvertito una progressiva dilatazione della coscienza dell'io, dilatazione che avveniva sul piano immateriale, non su quello materiale. Ho sperimentato tre tappe, o fasi. Anche nei racconti di esperienze analoghe vissute da altri, si ritrovano sempre queste tre fasi:

 

1. Consapevolezza della morte

2. Osservazione della propria morte

3. Film della propria vita e giudizio

 

Tra l'una e l'altra fase ho avuto anche varie altre percezioni, che allora definii "intermezzi".

 

 

1° FASE: Consapevolezza della morte

 

 

L'esperienza di morte ebbe inizio con l'arresto cardiaco. Per la carenza di ossigeno il cervello cessò di essere latore della coscienza dell'io. Fu allora che le mie componenti immateriali si separarono dal corpo materiale.

Poi all'improvviso ripresi conoscenza. Mi sentivo come liberato da uno stato di angoscia, di oppressione, di limitazione. Molti rianimati raccontano di aver provato la sensazione di uscire all'aperto dopo aver attraversato un tunnel. Avvertivo con sollievo di aver riacquistato coscienza: "Sono sopravvissuto allo scontro", questa fu la mia prima sensazione. Però il mio "risveglio" non era come mi sarei aspettato, perché avevo contemporaneamente anche questa precisa sensazione: STO MORENDO.

 

Con mio grande stupore non trovavo la morte affatto sgradevole. Non avevo affatto paura di morire. Era un fatto naturale, ovvio. Morivo, finalmente me ne andavo da questo mondo. Non avrei mai immaginato che ci si potesse separare dalla vita tanto piacevolmente e tanto semplicemente. All'improvviso non ci si aggrappa più spasmodicamente alla vita. Noi ci aggrappiamo alla vita perché non sappiamo cosa significa morire. La religione cristiana ci dice molto poco su quel che succede dopo la morte.

 

Avendo subito un incidente, io, per fortuna, praticamente non ho avuto agonia. Per lo shock subito la mia coscienza dell'io, il mio corpo astrale, la mia anima e il mio spirito si sono separati di colpo dal corpo materiale. E io ne ho provato un grande sollievo, una sensazione di "alleggerimento".

Trovavo questo stato bello, naturale, cosmico. "Finalmente ce l'ho fatta", pensavo senza alcuna paura. "Sono felice di morire". Ma contemporaneamente ero curioso di sapere cosa sarebbe successo. Ero felice e curioso come un bambino in attesa del Natale.

 

Sentivo che mi stavo librando e udivo suoni meravigliosi. Contemporaneamente percepivo forme, movimenti e colori che armonizzavano perfettamente coi suoni e le vibrazioni. In qualche modo avevo la sensazione di non essere solo. Però non vedevo nessuno. Una pace divina e un'armonia mai prima percepita colmavano la mia coscienza. Ero totalmente felice e completamente privo di problemi. Ero solo: nessuna creatura di questa terra (genitori, moglie, figli, amici o nemici) turbava la mia pace.

 

Ho riflettuto tante volte se in quei momenti qualche problema terreno o qualche pensiero abbia occupato la mia mente, ma non ricordo niente del genere.

Ero - come ho detto - completamente solo, assolutamente felice e pervaso da una grande mai prima conosciuta armonia. Avevo ancora un'unica sensazione precisa, simile a quella trasmessa dalla Corale "Più vicino a Te, mio Dio…."

Mi libravo verso l'alto, sempre più in alto, sempre più vicino alla luce.

 

Poi questa prima fase, caratterizzata dalla sensazione di appagamento, di "morte felice", si trasformò in un "intermezzo": i suoni divennero più " trasparenti ", più belli e più forti e sommersero tutto, accompagnati da colori, forme e movimenti. I colori, dai toni pastello, erano brillanti, cristallini ed estremamente luminosi, di una

bellezza inverosimile. Potrei paragonarli a quelli che ho visto una volta durante un volo da Ginevra a New York all'altezza di oltre 10.000 metri nell'ora del tramonto. Ho trovato quei colori così belli che da allora li vado consapevolmente cercando e per questo mi dedico alla pittura su vetro. Il colore cristallino del vetro dipinto, investito e da più parti di luce, mi ricorda sempre quei meravigliosi fenomeni di luce e colore.

 

 

2° FASE: Osservazione della propria morte

 

 

Dopo questo splendido intermezzo il sipario si alzò di nuovo ed ebbe inizio un'altra fase. Era strano, mi sentivo fluttuare… anzi fluttuavo veramente. Mi trovavo sopra il luogo dell'incidente e vedevo il mio corpo gravemente ferito giacere senza vita esattamente nell'atteggiamento descritto in seguito dai medici e dai verbali della polizia.

Vedevo l'intera scena, con chiarezza e "trasparenza", contemporaneamente da più parti. Vedevo anche la nostra macchina e le persone che le stavano intorno sul luogo dell'incidente e persino la colonna di camion che si era fermata dietro alla gente.

Intorno a me si era raccolta gente. Vedevo un uomo sui 55 anni, piccolo, tarchiato, che cercava di rianimarmi...

 

Sebbene io mi trovassi in alto e il mio corpo senza vita giacesse in basso, per terra, sentivo con chiarezza quel che la gente diceva; anzi, oltre a sentire quello che diceva, percepivo anche quello che pensava, probabilmente grazie a una sorta di trasmissione del pensiero.

 

L'uomo si inginocchiò alla mia destra e mi iniettò qualcosa nel braccio sinistro. Intanto dall'altra parte altre due persone mi reggevano e mi liberavano dai vestiti. Vedevo che il medico mi divaricava le labbra con un pezzo di legno, e mi toglieva dalla bocca frammenti di vetro. Quando il medico mi mosse, mi resi conto anche che avevo degli arti fratturati e che alla mia destra si andava allargando una pozza di sangue. Vidi anche che il medico tentava di rianimarmi artificialmente, ma poi constatò che avevo anche le costole rotte e disse: "Non posso fargli il massaggio cardiaco". Dopo qualche minuto si alzò e dichiarò : "Non si può fare più niente; è morto". Parlava in dialetto bernese e un italiano un po' strano.

La scena mi sembrava buffa; mi veniva quasi da ridere perché sapevo di essere vivo, sapevo che il mio IO non era morto. Trovavo tutto quel che succedeva molto comico, ma non mi disturbava, anzi; gli sforzi di quella gente mi divertivano.

 

Cercavo di dir loro "dall'alto": "Ehi voi, io sono qui, sono vivo! Lasciate stare quel corpo. IO sono vivo, mi sento bene….."; ma loro non mi capivano e io non potevo farmi sentire, perché "lassù" non avevo né gola né bocca.

 

Stranamente, oltre a percepire le parole pronunciate, percepivo anche i pensieri delle persone presenti sul luogo dell'incidente. Per esempio, una signora ticinese, con una bimbetta che poteva avere 7 anni, quando vide la mia salma si spaventò moltissimo. La bambina fece l'atto di scappare via subito, ma lei la trattenne per qualche minuto tenendola stretta con la mano sinistra e recitò mentalmente un "Padre nostro" e un' "Avemaria" e poi chiese al Signore la remissione dei peccati dell'uomo ucciso. Quella generosa preghiera mi comunicò grande gioia; mi impressionò profondamente l'altruismo con cui era stata formulata.

Avvertivo una radiazione amorosa.

 

Invece un uomo piuttosto anziano coi baffi formulò pensieri negativi nei miei confronti : "Questo è rimasto fregato; ma è sicuramente colpa sua. Deve essere uno di quelli che corrono come pazzi infischiandosene di tutti". Io "dall'alto" cercavo di dirgli: "Smettila con queste sciocchezze. Non ero io alla guida, io stavo seduto vicino al conducente ". E avvertivo anche le vibrazioni malevole, negative, che quell'uomo emanava.

 

Insomma, vedermi morto, poter osservare tutto dall'alto come spettatore, senza emozioni, in una condizione celestiale, sapendo di "essere vivo" era estremamente interessante. I miei organi sensoriali immateriali funzionavano benissimo e la mia memoria registrava tutto. Ero anche in grado di pensare e di decidere e non avvertivo inibizioni terrene. Fluttuavo sopra il luogo dell'incidente, a circa 3 metri di altezza, in uno spazio pluridimensionale.

Poi seguì un altro " intermezzo". L'ultima scena era finita e i fenomeni prima iniziati aumentavano di intensità.

Mi allontanai dal luogo dell'incidente perché non mi interessava più. Decisi di andarmene….. ed ecco che stavo già volando. Intorno a me tutto era straordinariamente calmo, armonioso e splendido. I suoni e i giuochi di luce, sempre più forti e sempre più pieni, mi sommersero completamente. Avvertivo con chiarezza vibrazioni armoniche.

 

Poi a destra, in alto, vidi il sole. Chissà perché lo vedevo "pulsare" a destra, non direttamente sopra di me.

Perciò continuai a volare in quella direzione, versa destra. E il sole diventava sempre più luminoso, sempre più radioso, e pulsava sempre più forte. Oggi capisco perché tanti popoli e tante religioni considerano il sole il simbolo di Dio o addirittura adorano un Dio Solare.

 

Continuai a volare in solitudine, però non avevo la sensazione di essere solo, ma di essere circondato da esseri che mi volevano bene. Intorno a me tutto era tranquillizzante, armonioso e stupendo.

L'esperienza dell'assenza di peso e del volo libero mi ha impressionato al punto che, una volta guarito, mi sono iscritto a una scuola di volo e ho conseguito il brevetto di pilota. E adesso quando ho tempo volo al disopra delle valli - dove, immersi nella nebbia, vivono uomini afflitti da problemi di ogni genere - da Lugano attraverso la pianura padana fino al Mar Mediterraneo, per esempio. E quando di pomeriggio il sole sopra di me è alto a destra, sento di nuovo che tutto è irradiato dalla luce, dall'energia e dalla verità divina, e me ne sento pervaso. Quando ho qualche problema, mi concedo questa esoterica terapia di volo, che mi fa acquistare nuove forze.

 

 

3° FASE : Film della vita e giudizio

 

 

Questo intermezzo durò relativamente poco; poi ebbe inizio un fantastico spettacolo tetradimensionale, costituito da innumerevoli immagini che rappresentavano fatti ed episodi della mia vita. Non so quante fossero le immagini;

potrebbero essere state 2.000 (tanto per dare una cifra), ma potrebbero essere state anche 500 o 10.000.

Il numero del resto non è importante.

Comunque nelle prime settimane dopo l'incidente riuscivo a ricordarne ancora alcune centinaia. Purtroppo non sono riuscito a registrarle tutte.

Il numero peraltro non è importante, ogni scena era a tutto tondo. Il regista stranamente srotolava il film alla rovescia, sicché all'inizio vidi la mia morte sulla strada e alla fine la mia nascita a Budapest, in casa, al lume di candela.

 

Per prima cosa vidi di nuovo la mia morte. Nella seconda scena stavo valicando il Gottardo accanto al mio amico che guidava la macchina. Splendeva un sole radioso e io vedevo le cime dei monti incappucciate di neve. Mi sentivo molto rilassato e felice.

Fatto singolare, assistevo al "film della mia vita" ma contemporaneamente ne ero anche l'attore principale, ero dentro l'azione, ero spettatore e protagonista insieme. Fluttuavo in uno spazio tetra o pluridimensionale al di sopra del mio corpo, e lo osservavo dall'alto, dal basso e da tutte le direzioni. Mi osservavo da ogni lato e ascoltavo quel che dicevo. Con tutti i miei sensi registravo ciò che vedevo, udivo, provavo e pensavo. I pensieri diventavano realtà.

 

La mia anima, o la mia coscienza, era uno strumento sensibilissimo: Valutavo e soppesavo le mie azioni e i miei pensieri e li catalogavo dividendoli in buoni e cattivi. Però, cosa stranissima, anche nelle scene caratterizzate da azioni che la nostra morale e la nostra religione considerano cattive (e le definiscono peccati o addirittura peccati mortali) emergevano ricordi buoni, positivi. Mentre molte azioni che secondo la nostra morale sarebbero "buone" risultavano cattive, perché dettate da fini non armonici, egoistici per esempio.

 

Nell'aldilà il bene e il male vengono valutati in base a un criterio del tutto diverso da quello umano. E' un criterio assoluto e quindi non condizionato da opinioni e modelli preformati, né distorto da interpretazioni arbitrarie.

Molti fra noi si ritengono i soli depositari della verità e si credono autorizzati a "proclamarla". Quante ideologie, quante religioni, quanti gruppi filosofici e religiosi, che oggi nascono come i funghi perché gli uomini hanno perso la loro fede originaria, si proclamano esclusivi detentori della verità!

 

Io ho sperimentato invece che "lassù" non è valido nessun modello di pensiero, è valida soltanto la legge cosmica dell'Amore, che per noi è difficile da applicare perché in realtà non la conosciamo.

 

La frase MENE TEKEL FARE (sei stato pesato sulla bilancia e giudicato troppo leggero) è un antichissimo e saggio criterio di valutazione dell'umanità.

 

Altro fenomeno strano: gli atti e i pensieri che erano risultati negativi in base a quell'assoluto metro di valutazione, subito dopo il giudizio scomparivano. Mi rimanevano impresse solo le scene nelle quali io e gli altri partecipanti eravamo felici, in cui regnava, non solo in me ma in tutto l'ambiente circostante, l'armonia e in cui tutti avevano un atteggiamento positivo nei miei confronti e approvavano la mia condotta.

Anche questa, secondo me, è una peculiarità di Dio,o dell'amore perfetto: il perdono grazie al bene perfetto, grazie al positivo infinito. Noi aspiriamo a salire per raggiungere questo principio e dobbiamo quindi liberare completamente la nostra coscienza da tutti i pensieri e gli atti disarmonici.

 

In altri termini: per poterci unire a Dio definitivamente ci dobbiamo affrancare dal nostro Karma.

Solo così possiamo ritornare a Dio - come le gocce d'acqua vaganti nell'atmosfera ritornano all'oceano sconfinato (per ricorrere alla bella immagine di Goethe) - e risolverci in Lui.

 

Da principio questo criterio di valutazione cosmico mi sembrava strano, ma dopo anni ed anni di riflessione ho capito: in esso si manifesta la mirabile giustizia divina.

Dopo questa fantastica rappresentazione tetra o meglio pentadimensionale feci io stesso il bilancio finale della mia vita. Oggi non riesco più a formularlo, ma allora avvertii che avevo la possibilità di migliorare, di evolvermi ulteriormente.

 

Poi subentrò il terzo "intermezzo".

 

La luce mi sommerse e mi compenetrò completamente e la musica assunse l'intensità che potrebbe raggiungere un impianto stereofonico tetra, penta o pluridimensionale.

Tutto era luce, tutto era musica, tutto era vibrazione, e io ero profondamente felice. Il sole pulsava, e io lo identificavo col principio primo, con l'alfa-omega fonte di ogni energia. Sentivo che questo principio era Dio stesso.

 

Ciò che vedevo non era più semplicemente il sole, ma una forma calda, meravigliosa, colma di luce simile al sole: vivevo una stupenda esperienza di Dio, del PRINCIPIO PRIMO dell'universo. Tutto vibrava con sempre crescente intensità, tutto pulsava, e la mia anima e il mio spirito liberati dal corpo cominciarono a vibrare in sintonia con l'universo.

 

E via via che la mia coscienza si dilatava vibrando sempre più intensamente io mi sentivo sempre meglio e avvertivo una felicità sempre più sconfinata.

Probabilmente ero prossimo alla morte cerebrale, probabilmente il "cordone d'argento", di cui parlano gli Orientali, il filo della vita che unisce il corpo astrale ai chakra del cervello, stava per spezzarsi, si era assottigliato al punto che stava per lacerarsi.

Alla morte clinica stava per seguire la morte cerebrale, la morte definitiva.

 

Non so quanto tempo mancasse alla rottura del cordone d'argento.

 

In base al tempo terreno, che vige sulla Terra, forse qualche minuto, qualche secondo o qualche decimo di secondo, ma nella dimensione in cui io mi trovavo il tempo e le leggi del mondo tetradimensionale non esistono. Durante la morte clinica, protrattasi per pochi minuti io ho vissuto infatti un numero di esperienze che nel mondo materiale può essere recepito solo in parecchi giorni o parecchie settimane di vita.

Io non vivevo più nel mondo spazio-temporale, quello legato alla materia; l'incidente aveva posto fine a tutto: ero già nella fase del passaggio, stavo per nascere ad una dimensione superiore, dove la vibrazione non può più essere percepita come vibrazione, e dove spirito e anima, liberati del corpo, obbediscono a leggi completamente diverse da quelle terrene.

 

 

LA RIANIMAZIONE

 

 

Purtroppo quella sensazione di perfetta euforia fu interrotta di colpo.

Improvvisamente vidi correre verso il mio corpo senza vita, provenendo dal sud, un uomo snello, piuttosto giovane, a piedi scalzi e in costume da bagno nero, che teneva in mano una valigetta. Questa persona parlò con l'altro medico in un tedesco corretto usando termini molto chiari e comprensibili. La scena non mi interessava più, perciò non lo osservai con molta attenzione

Questa persona più giovane si informò brevemente dal medico sulle mie condizioni, poi si inginocchiò accanto a me, constatò la mia morte, segnò col gesso la posizione del mio corpo, lo fece trasportare sul bordo della strada e chiese ai militari una coperta per coprire il mio cadavere.

Poi, rivolto all'altro medico, disse: "Se lei, caro collega, non ha niente in contrario……" e mi iniettò dell'adrenalina direttamente nel cuore.

 

Il volto di quell'uomo mi rimase perfettamente impresso.

 

Qualche giorno dopo a Bellinzona, nella camera dell'ospedale in cui ero ricoverato, entrò un signore. Indossava un normale abito da passeggio, ma io lo riconobbi subito e lo salutai faticosamente dicendo: "Buon giorno, dottore, perché mi ha fatto quella diabolica iniezione?".

 

Ricordavo benissimo il suo viso e anche la sua voce, una voce molto chiara. Rimase di stucco e mi chiese come mai lo conoscessi. Glielo raccontai. In seguito siamo diventati amici.

 

Per avermi (purtroppo, dico io) riportato in vita gli è stata conferita la croce di "cavaliere della strada".

Appena mi ebbe praticata l'iniezione di adrenalina, appena il mio cuore riprese a pulsare, successe una cosa orribile: mi sentii sprofondare nel buio più profondo. Di colpo dovetti rientrare nel mio corpo gravemente ferito.

Tutto il bello era improvvisamente scomparso. Lo sentivo: dovevo ritornare.

Ripresi conoscenza, ma a causa dei dolori indescrivibili svenni subito. Comunque ero vivo, privo di conoscenza ma vivo. Ho ripreso a vivere grazie alla perizia di un bravo medico che "per caso" si trovava sul luogo dell'incidente e "per caso" aveva con sé l'iniezione giusta. Quindi sono stato rianimato "per caso". Fu chiamato il pronto soccorso e fui portato a Bellinzona a sirene spiegate: ero vivo, il mio spirito, la mia anima e il mio corpo erano di nuovo uniti.

 

Fui operato dal brillante primario chirurgo Clemente Molo, appena rientrato dalle ferie, che "per caso" in quel momento stava visitando i pazienti del suo reparto. La tempestiva operazione mi salvò la vita per la seconda volta.

Ma col ritorno alla vita è cominciata la mia odissea.

 

Ecco perché sono solito dire: "L'esperienza più bella della mia vita è stata la mia morte".

 

In effetti durante la mia vita non sono stato mai così felice come nella morte, e scrivo "morte" tra virgolette, perché oggi so che si è trattato solo di morte clinica, però l'ho vissuta e memorizzata come un'autentica esperienza di morte"